Storia della filosofia IV*

Utet, Torino 1991, pp. XV - 963

Nel 1991, dando alle stampe il primo tomo del Volume IV della Storia della filosofia che continuava a portare anche il nome di Nicola Abbagnano (che era morto l'anno precedente), scriveva nella Prefazione Giovanni Fornero:

«Impegnandomi a proseguire la Storia della filosofia di Abbagnano mi sono assunto una gravosa responsabilità. Non l'avrei fatto, senza l'esplicita richiesta di Abbagnano stesso, e, soprattutto, se non credessi nella validità di un'opera che ha segnato una data fondamentale nel settore delle storie generali della filosofia.

Copertina di Storia
della filosofia IV*

Nell'accingermi al compito, ho cercato di essere fedele (se, o in quale misura, vi sia riuscito giudicherà il lettore) alle direttive di base del Maestro e alla sua idea della storia della filosofia come trattazione chiara, obiettiva e documentata di ciò che hanno detto i filosofi attraverso i loro capolavori.

Abbagnano ci ha insegnato infatti: 1) che è possibile scrivere in forma limpida ed accessibile anche degli argomenti più complessi, senza rinunciare, per questo, alle esigenze della precisione e del rigore scientifico. «Mirare alla semplicità e alla chiarezza – egli soleva ripetere, citando Popper – è un dovere morale degli intellettuali: la mancanza di chiarezza è un peccato e la pretenziosità un delitto» 2) che una conoscenza diretta e accurata dei testi, comprovata da opportune citazioni, costituisce la premessa indispensabile di ogni serio lavoro di storiografia filosofica 3) che lo storico del pensiero non è l'arrogante depositario di un sapere assoluto circa il passato e le presunte «forze motrici» dei sistemi filosofici, ma un modesto dossografo (nel senso etimologico e non dispregiativo del termine) impegnato a riportare, nel modo più onesto e scrupoloso possibile, le idee altrui, nonché la struttura categoriale che forma l'ossatura, o la trama teorica, di una determinata filosofia 4) che l'autore di un'opera storica è professionalmente tenuto a rispettare tutte le posizioni di pensiero espresse dai filosofi esaminati, ovvero la molteplicità possibile dei modi con cui l'uomo può interpretare la realtà ed atteggiarsi di fronte a se stesso, agli altri, al mondo e a Dio 5) che la preoccupazione dell'obiettività, la cautela critica, l'analisi paziente dei testi, l'aderenza al dettato dei filosofi «non sono nella storiografia filosofica altrettanti sintomi di rinuncia all'interesse teoretico, ma le prove più sicure della serietà dell'impegno teoretico. Giacché chi si attende dalla ricerca storica un aiuto effettivo, chi vede nei filosofi del passato maestri e compagni di ricerca, non ha interesse a travisarne l'aspetto, a camuffarne la dottrina, a metterne in ombra tratti fondamentali. Ha invece tutto l'interesse a riconoscerne il volto vero, cosi come chi intraprende un docile viaggio ha interesse a conoscere la vera natura di chi gli serve da guida» (Prefazione alla prima edizione).

Abbagnano ci ha pure insegnato, in netto anticipo rispetto alle confusioni e ai riduzionismi di vario genere che si sono verificati negli ultimi decenni, che la storia della filosofia, pur essendo connessa, di fatto, alla storia complessiva dell'umanità, e al quadro policromo delle sue manifestazioni sociali e culturali, costituisce, nel contempo, un settore relativamente autonomo di essa, ovvero un campo di esperienze e di discorsi dotato di una sua peculiare fisionomia e logica interna.

Il riconoscimento della specifica identità e della reale consistenza del discorso filosofico – studiato in modo rigorosamente specialistico, ma anche in maniera tale da salvaguardarne il valore «universalmente umano» – corrispondeva, del resto, al genuino interesse e al profondo amore per la filosofia che fu proprio di Abbagnano, il quale, anche nei momenti in cui era di moda credere nella cosiddetta «morte» del pensiero filosofico, oppure in una sua eventuale «risoluzione» nella politica o nelle scienze umane, non ha mai cessato di scorgere, in esso, «l'uomo stesso, che si fa problema a se stesso e cerca le ragioni e il fondamento dell'essere che è suo». Infatti, da La struttura dell'esistenza (1939) sino ai Ricordi di un filosofo (1990), cioè durante i cinquant'anni che lo hanno visto fra i pensatori-leader della cultura italiana, Abbagnano ha continuato ad insistere, con ostinazione e fermezza, sul carattere costitutivo ed ineliminabile di quella sorta di riflessione di «secondo grado» che va sotto il nome di «filosofia», sostenendo che l'uomo, in virtù della struttura problematica della sua esistenza, non può vivere e pensare senza, con ciò stesso, filosofare (nel senso platonicamente lato del termine), ossia senza e interrogarsi, in modo critico e dialogico, intorno ai dati di fondo della propria esperienza del mondo (sia che essi riguardino la società o l'essere, l'etica o l'arte, la religione o la scienza).

Copertina della
traduzione spagnola della Storia della filosofia IV*

Questo quarto volume, che, di fatto, viene a sostituire il capitolo finale del terzo (intitolato «Ultimi sviluppi»), con lo scopo di offrire un quadro aggiornato ed approfondito delle correnti di pensiero odierne cui Abbagnano aveva appena accennato (dal neo-marxismo alle nuove teologie), scaturisce dalla constatazione-persuasione che dopo la fine di tante ubriacature intellettuali e dopo il tramonto di tanti assolutismi ideologici (e come possibile antidoto a nuovi integralismi), la «sobria» ed «onesta» maniera di Abbagnano di intendere e praticare la storia della filosofia possegga una sua intramontabile validità e risulti oltremodo attuale (sia nelle scuole e nelle università, sia presso il pubblico colto). Da ciò il progetto editoriale di riprenderla là ove essa era stata interrotta.

Pur rifacendosi programmaticamente allo spirito di quelli precedenti, il volume che proponiamo agli studiosi presenta talune caratteristiche proprie. Innanzitutto, esso è stato ideato e composto dal sottoscritto (che lavora come libero scrittore), con la collaborazione di Franco Restaino (che lavora all'Università di Cagliari) e di Luigi Lentini (che lavora all'Università di Venezia). Abbagnano, che ha diretto l'opera, ne ha discusso e approvato, di volta in volta, le singole parti, apportando osservazioni e suggerimenti. In secondo luogo, esso si caratterizza per una trattazione più estesa ed analitica dei singoli argomenti, in omaggio alla sempre più diffusa esigenza attuale di dare maggiore spazio allo studio della civiltà e del pensiero del nostro tempo. In terzo luogo, muovendo dall'ottica laica e pluralista di Abbagnano, e dalla sua visione «universalista» e non faziosa del fatto culturale, il testo odierno si qualifica per un'ancora più accentuata apertura simpatetica, pur nell'indispensabile distacco critico, verso tutte le grandi correnti di pensiero del mondo contemporaneo (comprese quelle che erano rimaste ai margini degli interessi e delle attenzioni del Maestro, come ad esempio la Scuola di Francoforte o l'ermeneutica). Come potrà constatare agevolmente il lettore, Lukács e Popper, Tillich e Lévi-Strauss, Foucault e Bloch, Gadamer e Quine, Labriola e Nozick (per citare alcune figure molto diverse fra di loro) vengono trattati, in questa sede, con la medesima partecipazione ed imparzialità, sino a sfatare il luogo comune dell'inevitabile carattere «tendenzioso» delle storie della filosofia.

Ovviamente, per quanto riguarda gli autori e i movimenti, si è dovuto fare delle scelte ed operare delle selezioni, escludendo non solo i temi già presi in considerazione da Abbagnano nelle sezioni precedenti, ma anche tutto ciò che, per ora, costituisce più oggetto di cronaca che di storia vera e propria. Viceversa, sulla scia di una tendenza in atto nella manualistica più recente, si è pensato di concedere adeguato spazio agli aspetti filosofici della «nuova teologia» e alle sue numerose correnti e ramificazioni interne. In ogni caso, pur non pretendendo di avere esaurito tutto il variegato e controverso quadro della filosofia contemporanea (sarebbe temerario e ingenuo pensarlo) riteniamo di avere offerto già molto – senz'altro più di quello che offre attualmente il panorama italiano (e non solo italiano).

Nel licenziare questa fatica, desidero ringraziare sia la Casa Editrice che ne ha permesso l'ottimale realizzazione, sia i miei valenti collaboratori, con i quali ho agito in sintonia di metodi e di intenti. Infine, mi è caro rendere omaggio, con commossa gratitudine, alla memoria di Abbagnano, fiducioso che anche questo lavoro possa contribuire a far vivere nel tempo il suo nome e la sua opera».