«Filosofia.it»
2007
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Recensione a Giovanni Fornero, Bioetica cattolica e bioetica laica

di Lorenzo Gabutti

Un comodo manuale per chiunque voglia orientarsi in un campo in rapida espansione qual è oggi la bioetica in Italia, questo libro di Giovanni Fornero costituisce una panoramica ad ampio raggio delle posizioni correnti sul vivere e sul morire umani. L'autore è un allievo del pensatore esistenzialista Nicola Abbagnano, del quale rivendica orgogliosamente l'eredità, nonché il continuatore della sua attività di autore di fortunati manuali di filosofia per i licei.

Fornero parte dalla ormai diffusa bipartizione del pensiero bioetico in cattolico e laico, bipartizione che egli si propone di mantenere e di enfatizzare. Egli insiste nell'identificare la bioetica cattolica con la "Teoria della Sacralità della Vita" (TSV) e la bioetica laica con l'"Etica della Qualità della Vita" (EQV), di contro ad autori come William K. Frankena e Massimo Reichlin, che considerano errata l'attribuzione alla bioetica cristiana di un progetto di tutela della vita biologica come tale. È pur vero che per la Chiesa cattolica la vita biologica in sé non è un valore, riconosce Fornero, ma ciononostante, per un cattolico, la vita umana mantiene intatto il suo valore a prescindere dalla sua piacevolezza e finanche sopportabilità. Verrebbe da dire che, nonostante la Chiesa si schieri dichiaratamente contro la riduzione della vita a mero fenomeno biologico, nei fatti essa riconosce valore sacrale, valore assoluto, pure a quella "vita" che sia privata di ogni ulteriore componente che si aggiunga alla mera sussistenza biologica.

Infatti, la Teoria della Sacralità della Vita, scrive Fornero, si definisce come quel vero e proprio paradigma bioetico che "scorge nella vita umana […] una realtà ontologico-assiologica meritevole di «assoluto rispetto»" (in corsivo nel testo), contrapponendosi alla già citata Etica della Qualità della Vita. Da ciò deriva una posizione di rigida intransigenza della TSV in merito alla asserita assoluta indisponibilità della vita umana, dal concepimento alla morte naturale. Al contrario, l'Etica della Qualità della Vita, abbracciata dalla gran parte del pensiero laico contempoaraneo (oltre che da significative minoranze in ambito cattolico, come esemplificato da una ampia – e commovente – citazione che Fornero riserva al libro Menschenwürdig Sterben, del grande teologo cattolico dissidente Hans Küng) "afferma che non è la vita in quanto tale […] a possedere pregio, bensì la qualità (o il ben-essere) della vita, cioè una vita che appare «degna di essere vissuta»" (in corsivo nel testo). Da questo dissenso fondamentale riguardo ai valori ultimi, argomenta Fornero, traggono origine tutti i dissidi che travagliano il dibattito pubblico nel nostro Paese sulle tematiche dell'inizio e della fine della vita.

I tentativi di mediazione sono condannati all'insuccesso, come quello dei cattolici che cercano di utilizzare il concetto di "dignità umana" per mediare tra i due paradigmi, ma alla fine sono costretti a una scelta di campo. Fornero dissente altresì sull'autoattribuzione del termine "personalismo" senza ulteriori specificazioni, operata da pensatori di area cristiana per designare il "personalismo ontoteologico di matrice cattolica", perché il termine da solo dice poco, dal momento che anche la bioetica laica può affermare di essere ispirata a forme di personalismo (inteso come cura della persona).

L'unico punto su cui Fornero prende chiaramente posizione (l'unica tesi propriamente avanzata dall'Autore) è la questione della separatezza o meno di bioetica cattolica e bioetica laica: qui Fornero si schiera con i laici, ad esempio Maurizio Mori, che, citato con approvazione, afferma recisamente: "…la contrapposizione tra la 'bioetica cattolica' e la 'bioetica laica' esiste", e contro bioeticisti cattolici quali Elio Sgreccia e Francesco D'Agostino, per i quali la distinzione fra le due correnti di bioetica è rispettivamente uno strumento per esacerbare pretestuosamente le polemiche tra credenti e non credenti e un tentativo di mascherare l'autentica differenziazione fra "etica senza verità" (come la chiama Uberto Scarpelli, massimo fautore della bioetica laica) e etica fondata sulla verità.

Questo libro sostiene pertanto che bioeticisti cattolici e laici sono condannati a rimanere gli uni per gli altri "estranei morali" (per usare una espressione di Tristram Engelhardt Jr., interessante figura di cattolico praticante nella vita privata ma al contempo importante esponente della bioetica laica americana). Forse il migliore suggerimento che Fornero possa dare ad ambedue gli schieramenti è di riconoscere le reciproche differenze. Egli sollecita, insomma, a prendere atto francamente delle differenze, senza rifugiarsi nel wishful thinking.

A giudizio dell'Autore, la ricerca di una conciliazione fra i due paradigmi – cosa che risulterà più agevole sul piano della casistica che su quello dei princìpi –, potrebbe pertanto avvenire solamente nel rigoroso rispetto delle differenze di fondo, qualsiasi sottovalutazione delle quali (pur ispirata a un nobile desiderio di pacificazione) non agevola, bensì contrasta, la comprensione reciproca. Di tale sottovalutazione, a parere dell'Autore, si macchiano soprattutto i "kantiani" (come Massimo Reichlin) che tentano di epurare la Teoria della Sacralità della Vita dei suoi presupposti metafisici e di fondarla su un generico rispetto della persona umana, nell'illusione che possa travalicare i confini dell'adesione a un'opzione religiosa; ma, nonostante le intenzioni siano buone, il divario rimane incolmabile (come questo libro si è incaricato di dimostrare) e allora appare savio, per ambo le parti in causa, ripiegare sull'elaborazione di alcune norme procedurali capaci di garantire il dialogo e soprattutto il rispetto che si deve alla diversa opinione dell'altro.

Solo in qualche punto emergono, sempre velatamente, le simpatie laiche dell'Autore, ad esempio laddove egli usa, forse "innavertitamente", la locuzione "punte più avanzate delle varie Chiese", come a implicare che le posizioni delle Chiese siano in generale più arretrate di quelle dei pensatori laici. Solo nel giudizio su Scarpelli, Fornero si "lascia andare", forse in virtù della comune matrice esistenzialistica giovanile o forse in virtù della innegabile rilevanza intellettuale e culturale del personaggio, a elogi a scena aperta.

Un limite del libro – peraltro consapevolmente enunciato sin dal titolo – si può forse scorgere nel suo non approfondire la dimensione del pensiero bioetico cristiano non cattolico, poco presente nel dibattito pubblico in Italia (dove, tuttavia, si segnalano interessanti prese di posizione progressiste di molti esponenti della Chiesa evangelica valdese), ma importante non appena si guardi Oltreoceano. In quanto viene dato peso al dibattito bioetico negli Stati Uniti d'America, sarebbe interessante conoscere le posizioni protestanti che si oppongono alla bioetica laica. Ma per padroneggiare le tematiche che oggi contrappongono, in maniera tanto accalorata, la Chiesa di Roma a tanta parte dei pensatori e commentatori di orientamento laico (progressista e non), questo libro rappresenta una guida estremamente lucida e di grandissima utilità.