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26 novembre 2005

Bioetica senza dogmi
Un confronto tra laici & cattolici

Dall'aborto all'eutanasia, dalla contraccezione alla fecondazione, una casistica che interroga la filosofia. Per i cattolici la vita è un dono di Dio cui l'uomo non può disporre e per cui la gerarchia si fa unica interprete; per i laici non esistono divieti assoluti, l'uomo può decidere, quel che conta è la responsabilità dell'individuo

di Gianni Vattimo

Ci voleva la quasi infinita pazienza, e la rispettosa capacità di ascolto, di Giovanni Fornero, autore di tante presentazioni, illuminanti anche perché dettagliate e complete, della filosofia contemporanea (pensiamo alla monumentale impresa dei volumi conclusivi della Storia della filosofia che, con intuito felice, Nicola Abbagnano gli affidò prima di morire) per scrivere questo volume sulla bioetica odierna e sulla dicotomia, che la caratterizza, tra prospettiva cattolica e prospettiva laica.

Lo diciamo con tanta più ammirazione quanto più dobbiamo riconoscere che, non di rado, leggendo la parte dedicata alla bioetica cattolica, densa di citazioni del Magistero papale e di scritti di autori come monsignor Sgreccia o Francesco D'Agostino, abbiamo provato un profondo senso di impazienza, di fronte alla ripetitività (sarà tipica di tutte le posizioni dogmatiche?) con cui si ribadivano divieti, affermazioni metafisiche assolute, o anche sforzi acrobatici per conciliare il comportamento, ragionevole e umano, di tanti cattolici con la dottrina ufficiale. Tipici di quest'ultimo caso sono i discorsi sui mezzi ordinari e straordinari di intervento medico sul malato, in base ai quali si finisce per giustificare certe forme di eutanasia, che sarebbero legittime per il fatto di rinunciare all'uso di mezzi "straordinari" per mantenere in vita un malato senza speranze.

Ammettiamo che la nostra impazienza era motivata dalla preferenza teorica per la bioetica laica; ma, a titolo di parziale autocritica, dobbiamo riconoscere che – forse in quanto troppo avvezzi al discorso della filosofia continentale – ci è capitato talvolta di provare la stessa impazienza anche di fronte a certe raffinatezze analitiche della bioetica laica. In quanto etica pratica, la bioetica, in entrambe le sue versioni, comporta una attenzione minuta alla casistica, che richiede, lode ancora a Fornero, più pazienza di quanto la filosofia spesso sia disposta a esercitare. Non possiamo però non pensare che anche la mancanza di immediata comprensibilità e ragionevolezza si faccia sentire specialmente nei discorsi della bioetica cattolica, e possa essere considerata come una possibile ragione per una opzione opposta. (Non si può qui non ricordare la umana irragionevolezza del divieto dell'uso del profilattico in tempi, e in zone del mondo, in cui infuria ancora l'Aids).

Peraltro, la dettagliatissima, e rispettosissima, esposizione delle tesi cattoliche sulla bioetica che Fornero ci offre, oltre a raccomandarsi come sintesi utile in quanto risparmia la lettura diretta di molti, troppi documenti pontifici, ha anche la sua prima motivazione nel fatto che questo complesso di insegnamenti è consegnato in un corpus di testi chiaramente riconoscibile e, ahinoi, fortemente unitario – se si eccettuano le posizioni, giustamente ricordate, di teologi non ortodossi come Hans Küng.

Le tesi cattoliche – e non genericamente "religiose", giacché i due ambiti non coincidono necessariamente – sulla bioetica sono abbastanza conosciute: si riassumono, come spiega Fornero, nella teoria della sacralità della vita (abbreviata in Tsv). La vita è data all'uomo da Dio creatore, il quale ha impresso nella sua creazione un progetto intelligente che deve essere riconosciuto dall'uomo e assunto come base dei propri comportamenti. Ora, la vita come dono di Dio non è un bene di cui l'uomo possa disporre; e peraltro – ciò che è fondamentale per l'etica sessuale e familiare, le facoltà umane hanno ciascuna una loro chiara destinazione che funge da norma per le scelte. Omosessualità, onanismo, contraccezione di qualunque tipo sono atti "intrinsecamente" disordinati e perciò immorali, contro natura. Alla stessa stregua dell'omicidio (del resto, contraccezione, aborto, ecc. sono stati ripetutamente comparati dal pensiero cattolico con il genocidio).

La sacralità della vita è tutta qui, nel fatto che la natura è creazione divina e la vita e la morte non sono oggetto di decisione libera dell'uomo; la vita è un bene "indisponibile". Solo per questo è peccato uccidere (creature innocenti, si aggiunge sempre; anche la Chiesa ha a lungo approvato la pena di morte), è peccato il suicidio, l'aborto, l'eutanasia, e così di seguito. (Domanda: ma se è contro natura togliere la vita, perché a Dio ciò è permesso, giacché ci fa mortali. La risposta seconde cui è tutto conseguenza del peccato originale è davvero una risposta?). La posizione di Küng, che viene citata ma quasi di sfuggita, perché è comunque, purtroppo, una posizione eterodossa, è che se Dio ci dona la vita ci dona anche la libertà di gestirla responsabilmente ma in modo libero.

La sistematicità della bioetica cattolica, che è anche la sua forza di persuasione (vescovi e cardinali hanno in genere una risposta per qualunque domanda; i laici sono più incerti, timidi; forse solo più critici?) fa sorgere anche un ulteriore problema in chi – come accade non solo a noi – si augura che la bioetica, e l'etica in generale, cattolica diventi in futuro un po' meno rigida; poiché tutto, compreso l'onanismo e il sacrosanto uso del profilattico, ma temiamo anche il divieto del sacerdozio femminile e il divorzio, si tiene, come si può sperare in una modificazione soft di questo dogmatismo in un futuro prossimo? Ma allora non correrà proprio la Chiesa, nonostante ogni acrobazia casistica, il rischio di screditarsi anche nei suoi insegnamenti davvero salvifici?

Non solo per tutte queste ragioni "partigiane", la parte del libro dedicata alla bioetica laica risulta molto più vivace e interessante. Il punto è che non siamo qui di fronte a un complesso dottrinale compatto, in cui gli interventi dei vari pensatori siano solo sforzi di chiarire, applicare, raccomandare gli insegnamenti di base. Anche nel caso della bioetica laica Fornero affronta anzitutto il problema dell'esistenza di un tale oggetto, problema ovviamente meno facile di quello riguardante l'orientamento cattolico, Anche perché proprio i bioeticisti cattolici sono quasi unanimi nel sostenere che ogni bioetica, anche la loro, è laica nel senso che argomenta sulla base di pure e semplici motivazioni razionali; come nel caso dell'esistenza di Dio, non occorre la rivelazione per riconoscerla, basta la "retta ragione". Poiché il piano divino è scritto nella stesa costituzione naturale delle creature, riconoscerlo è appunto affare della ragione, purché non si lasci sviare da settarismi e pregiudizi laicisti.

Ma se, come pare si debba fare dal punto di vista laico, si mette da parte questa pretesa (secondo Domenico Composta, citato da Fornero a p. 137, «non è esagerato affermare che la bioetica è solo cattolica»), e si guarda alla situazione concreta, non solo italiana, allora emergono i tratti decisivi che giustificano la distinzione.

Per sommi capi: la bioetica cattolica, «partendo dal concetto della sacralità della vita umana (e quindi della persona) insiste sulla indisponibilità e inviolabilità della vita; sulla presenza di un "disegno" divino incarnato nell'ordine delle cose, cioè di un "progetto" di Dio sull'uomo e per l'uomo; su una serie di divieti "assoluti" che l'individuo è tenuto a rispettare».

Mentre la bioetica laica insiste «sulla disponibilità della vita; sulla indipendenza e autonomia decisionale dell'uomo rispetto a qualsiasi ordine ontologico precostituito; sull'assenza di divieti assoluti».

Può sembrare che, descritta in questi termini, l'etica laica pecchi di quel "prometeismo" che tanto pensiero cattolico rimprovera alla visione moderna dell'uomo. Si noti che nel Quattrocento, Pico della Mirandola, mai scomunicato per quanto ne sappiamo, descriveva l'uomo come quell'ente a cui Dio non ha assegnato una essenza prestabilita, e che ha appunto il compito di darsi da sé la propria essenza. Del resto, contro le accuse di relativismo, nichilismo, disumanizzazione che i cattolici rivolgono alla bioetica laica, valgono le tante articolazioni di questa bioetica che Fornero accuratamente presenta, riferendosi ad autori come Singer, Engelhardt, Scarpelli, Beauchamp, protagonisti di una discussione che va molto al di là dei confini italiani, e che la caratterizzano proprio, contro queste accuse, come una vera etica della responsabilità.

Fornero si mantiene fino alla fine, puntigliosamente, in una posizione di storiografica neutralità che eredita dal suo maestro Abbagnano, e che non comporta alcuna pretesa di distacco oggettivante dalla scottante problematicità dei suoi temi. I nostri pregiudizi, invece, ci impediscono questo atteggiamento neutrale. Con tutto il rispetto, continuiamo a sospettare che, come è spesso accaduto con tanti dogmatismi metafisici del passato, l'affermazione circa il piano divino sul mondo continui a resistere soprattutto perché c'è una gerarchia che, lungi dal volerlo rispettare nella sua sacralità, se ne vuole fare unica autoritaria interprete.