Bioetica cattolica e bioetica laica: un bilancio critico

Quando scrissi Bioetica cattolica e bioetica laica (2005) se da un lato non immaginavo che quell'agile scritto sarebbe divenuto una sorta di classico sull'argomento, dall'altro non pensavo che avrebbe suscitato così tanti dibattiti e polemiche.

Eppure il volume si limitava dare forma concettuale e storiografica a quanto di fatto si sapeva ma da molte parti si negava: ossia l'esistenza di una diversità "paradigmatica" fra la bioetica di matrice cattolica e la bioetica di matrice laica. Diversità che non veniva configurata nei termini di una astratta antitesi fra "cattolicità" e "laicità" (quasi si trattasse di due categorie eterne dello Spirito) bensì di un concreto conflitto storico tra due forme di bioetica, incarnate rispettivamente dalla bioetica cattolica ufficiale e dalla bioetica laica.

Intendendo per "bioetica cattolica ufficiale" – espressione che ho contribuito a introdurre nel linguaggio bioetico – quella contenuta nei documenti del magistero (e negli autori in sintonia dottrinale con essi)1 e per bioetica "laica" quella specifica costellazione storico-teorica di dottrine antropologiche ed etiche maturata in un orizzonte di pensiero "secolare" il quale, a monte, presuppone un umanesimo "esclusivo" o "autosufficiente"2 di matrice agnostica o atea. Un umanesimo che, a differenza del cattolicesimo ufficiale3, di ragionare) non ragiona solo etsi Deus non daretur, ma anche etsi creaturalitas non daretur e quindi a prescindere dalla «azione creatrice di Dio» e dall'esistenza di un «progetto di Dio sulla vita». Un umanesimo, insomma, che non condivide quell'insieme di idee che caratterizzano il paradigma cattolico4.

A dispetto di queste evidenze, l'esistenza della contrapposizione paradigmatica fra le due forme di bioetica è stata a lungo minimizzata o esplicitamente negata. E anche oggigiorno non manca chi, non potendo (più) negare la realtà di questa storica contrapposizione cerca – con una nuova e altrettanto irricevibile forma di negazionismo – di azzerarne la portata teorica, sostenendo che essa, pur potendo avere «valore politico, sociologico e giornalistico», riveste però «scarso valore scientifico e filosofico»5. Posizione, tra l'altro, accompagnata dalla fuorviante idea secondo cui discorrere di bioetica cattolica e laica significherebbe elevare questi due modelli a «paradigmi universali della bioetica contemporanea», attribuendo a quella che viene ritenuta esclusivamente una italica dicotomia un valore "esemplare" e quindi la funzione di una sorta di camicia di forza incapace di cogliere ciò che fuoriesce dal paradigma cattolico e da quello laico.

In realtà, a scanso di ogni perdurante equivoco, ribadisco che presentandoli, nel volume del 2005, come «i due paradigmi dominanti della bioetica odierna» non intendevo, con questo, suggerire che essi fossero gli unici paradigmi degni di questo nome della bioetica italiana e internazionale (tant'è che ho sempre parlato di una pluralità di paradigmi6 e, ad esempio, di un "paradigma valdese"). Intendevo piuttosto attirare l'attenzione su una tesi su cui insisto da sempre e che reputo difficilmente contestabile: ossia che la bioetica cattolica ufficiale e la bioetica laico-secolare hanno storicamente rappresentato i due paradigmi emblematici in cui hanno preso corpo i conflitti bioetici più forti e caratteristici della nostra epoca.

Conflitti esistenti non solo nel nostro Paese, come pensano coloro che declassano la dicotomia a fenomeno "provinciale" ma – in maniera più o meno accentuata – in tutti paesi del mondo con forte componente cattolica7. Conflitti di natura dottrinale che invece Maurizio Mori ha sempre evidenziato. Tant'è che tra i fattori che hanno contribuito alla genesi di Bioetica cattolica e bioetica laica vi è anche il pensiero di questo studioso, con cui ero entrato in contatto in occasione di un volume sulla bioetica8 apparso in una collana universitaria di filosofia che allora condirigevo con Gianni Vattimo.

Certo Mori, in quel periodo, più che di "bioetica cattolica" e di "bioetica laica" discorreva di una contrapposizione fra la dottrina della "sacralità della vita" e la dottrina della "qualità della vita". Tuttavia, nell'ambito del suo discorso, appariva evidente il differente modo di accostarsi alle tematiche bioetiche da parte dei laici in senso stretto e da parte di quelli che egli chiamava "cattolici romani". Idea che circola in tutti i suoi scritti successivi (compresi quelli firmati con il compianto Carlo Flamigni) e che funge da filo conduttore di quell'incisivo affresco storico-teorico che è Dall'ideale della convergenza alla realtà della divergenza, con cui si apre il volume (firmato con chi scrive) Laici e cattolici in bioetica: storia e teoria di un confronto9.

Del resto, anche taluni cattolici, poco alla volta, hanno cominciato ad ammettere l'esistenza di una strutturale diversità dottrinale tra i due paradigmi. Fra i primi troviamo un nome di spicco come Elio Sgreccia. Dialogando con chi scrive10, egli, a proposito della bioetica magisteriale, parla di «caratteri teorici che trovo ben identificati – nell'analisi storiografica di Fornero – sotto il nome complessivo di bioetica cattolica. Non vedo come e perché si dovrebbe disconoscere questa classificazione, se intesa in modo descrittivo»11. Analogamente, a proposito della bioetica "secolare" osserva: «Che di fatto esista un modo di vedere le questioni di bioetica, un paradigma bioetico, che si differenzia nei confronti del paradigma cattolico e che risulta caratterizzato da una sua logica – a partire dal rifiuto della creazione come causa e origine della realtà e della vita umana – è qualcosa che, sul piano descrittivo e storico, può essere difficilmente contestato»12.

Tuttavia, pur riconoscendo l'esistenza di fatto della distinzione paradigmatica fra le due bioetiche, lo studioso dichiara che quest'ultima non può essere trasformata in una situazione di diritto in grado di accreditare «l'idea della legittima esistenza di due bioetiche»13. Con la sottintesa conclusione che l'unica bioetica (o "ragione bioetica") legittima è quella cattolica, mentre quella laica, pur esistendo di fatto, di diritto non è legittima. Inoltre Sgreccia evita di discorrere di una "contrapposizione" fra i due paradigmi, mostrando di condividere anch'egli quel diffuso luogo comune secondo cui insistere sulla coppia bioetica cattolica/laica significherebbe accreditare una visione conflittualistica del dibattito bioetico, destinata a "fomentare" lo scontro.

In realtà, dovrebbe essere (ormai) chiaro a tutti che non è il riconoscimento del conflitto fra bioetica cattolica e bioetica laica a generare il conflitto ma la realtà del conflitto a produrre il riconoscimento – o la coscienza riflessa – di esso. Anzi, poiché il conflitto è nelle cose stesse, il suo (lucido) riconoscimento dovrebbe configurarsi come la precondizione di ogni reale tentativo di "dialogo" fra le parti.

Questo spiega perché in certi ambienti cattolici non solo non si fatichi (più) ad ammettere l'esistenza di una molteplicità contrastante di paradigmi bioetici – come quando Zeppegno scrive che «È difficile contestare non solo l'esistenza ma anche la non facile conciliabilità dei diversi "paradigmi"»14 – ma si aggiunga che ogni tentativo di attenuare i conflitti fra bioetica cattolica e laica presuppone il preliminare riconoscimento della loro realtà. Già Roberto Mordacci, pur cercando di procedere oltre la dicotomia, aveva dichiarato che «la contrapposizione è reale ed è ampiamente documentata» nei miei lavori, ai quali viene riconosciuto «il merito di offrire un ritratto realistico della discussione bioetica in Italia»15. A sua volta Maurizio Faggioni ha osservato che sottolineare «l'esistenza di modelli alternativi, mostrarne la struttura logica e studiarne criticamente i caratteri» non significa proporsi «di alimentare tensioni e di alzare steccati». al contrario, significa offrire «un contributo di chiarificazione che rende il dialogo più franco e realista»16.

Questa idea, accompagnata da un esplicito rigetto della tradizionale impostazione negazionista, ha trovato ultimamente nuove espressioni. Ad esempio, in un recente libro sulla bioetica in Italia – tra i più importanti e documentati sull'argomento – Sebastiano Serafini scrive che nel nostro paese la recezione della bioetica «si è caratterizzata per la contrapposizione tra laici e cattolici»17 e che «le problematiche legate all'ordinamento familiare, alla gestione degli inizi della vita, della sua gestazione, del suo finire, sono state oggetto di un duro confronto tra cattolici e laici»18. Confronto, come mostra lo studioso, che dal piano dottrinale si è trasferito a quello pratico e politico, come attestano le battaglie sull'aborto, la fecondazione assistita, il testamento biologico, le coppie di fatto ecc. Da ciò il nucleo di originalità della sua posizione, secondo la quale il conflitto non va "esorcizzato", bensì programmaticamente assunto e "attraversato" in tutta la sua complessità storica e dottrinale. Mostrando, in tal modo, di ritenere che il problema sia rappresentato dal fatto della contrapposizione e non da chi ha la franchezza di nominarla e diagnosticarla.

Dopo aver letto il libro di Serafini – nel quale si dice finalmente, come nel celebre racconto di Andersen, che "il re è nudo", ossia, fuor di metafora, che cattolici19 e laici si sono per lo più trovati su posizioni teoriche diverse – sottoscrivo ancora una volta le idee di fondo del mio lavoro del 2005 e confesso di fare tuttora fatica a comprendere come (valenti) studiosi del passato, confondendo i propri desideri con la realtà, abbiano continuato a negare o minimizzare quello che reputo un dato storico-teorico.

Sino al punto di dichiarare «fasulla»20 oppure una «invenzione del punto di vista laicista»21 ogni dicotomia paradigmatica fra bioetica cattolica e bioetica laica. E sino al punto di scrivere che dal momento che non esiste una bioetica "cattolica" (e una speculare bioetica "laica") non ha senso «tentare di far convergere ipotetici bioeticisti cattolici e laici»22.

E ancora più strano mi sembra il fatto che vari studiosi cattolici, pur focalizzando l'esistenza di antropologie e umanesimi diversi, da cui discendono conseguenze etiche differenti, per una sorta di residuo riflesso condizionato, stentino tuttora ad ammettere questa circostanza anche in ambito bioetico. Più coerente è invece la posizione di Serafini, il quale, diversamente dai vari "don Ferrante della bioetica"23, ha avuto la schiettezza di parlare in modo esplicito di una «contrapposizione tra cultura cattolica e cultura laica sul terreno della bioetica»24.

Da parte nostra, in vari scritti, non solo abbiamo preso atto della contrapposizione, ma abbiamo cercato di articolarla concettualmente e filosoficamente, mostrandone i differenti assunti teorico-valoriali e quelle che ho definito "idee madri" dei due paradigmi.

A questa impostazione dicotomica si potrebbe obiettare che essa poteva avere elementi di plausibilità durante il pontificato di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI, ma ora, nell'età di Francesco, non risulta più valida. In realtà, non si può dire che con Bergoglio la dicotomia, soprattutto in riferimento alle questioni di inizio e fine vita, sia venuta meno (come mostrano le dure25 e reiterate condanne dell'aborto e dell'eutanasia). Lo stesso Luca Lo Sapio, nel suo volume su Francesco e la bioetica, pur sottolineando le "novità" apportate da Bergoglio, prende criticamente le distanze da talune sopravvalutazioni di esse, osservando come, con il nuovo papa, non si sia avuto un cambiamento dei principi di fondo della bioetica cattolica. Come mostrano i discorsi bergogliani, nei quali «la difesa della vita umana dal suo inizio alla sua fine naturale, la sacralità della vita e la sua indisponibilità, l'inalienabile dignità dell'uomo trovano ancora una collocazione centrale»26.

Ciò non toglie, secondo Lo Sapio, che sulla scia del pontificato di Francesco – grazie a una maggior disponibilità al dialogo con il mondo laico – con il tempo potrebbero aprirsi "scenari" nuovi anche in ambito biomorale. Giudizio, quest'ultimo, ribadito da chi scrive nel saggio introduttivo al volume dello studioso napoletano: «le novità emerse con Francesco, se da un lato potrebbero configurarsi come "sentieri interrotti" (analogamente a quanto è avvenuto per talune idee suscitate dallo spirito di apertura del Concilio vaticano II) dall'altro potrebbero offrire spunti per l'avvento di ulteriori novità anche in ambito bioetico. Novità in grado, se non di annullare, per lo meno di accorciare le distanze fra i due paradigmi»27. Nella fattispecie, il pontificato di Francesco potrebbe mettere in moto un ripensamento della teologia morale in grado di produrre nuove maniere di accostarsi alle tradizionali problematiche bioetiche.

Una convinzione analoga circola anche presso quei cattolici secondo cui la Chiesa odierna, dopo la parentesi conservatrice iniziata con Paolo VI e proseguita con Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, dovrebbe riprendere il cammino riformatore del Concilio, estendendo le sue potenzialità di rinnovamento anche all'ambito della morale individuale e familiare. Cammino che – sulla scia di Amoris laetitia, interpretata non come una semplice svolta nella pastorale matrimoniale e familiare, ma come una rilettura della tradizione morale della Chiesa cattolica – dovrebbe fornire strumenti per una più duttile e articolata dottrina magisteriale, capace di prendere le distanze dalla Veritatis splendor, tacciata da taluni di aver «portato a dei blocchi di pensiero e di azione nella chiesa cattolica»28. Da ciò il progetto di un "magistero in movimento" che, guardando in avanti, cerca di far "evolvere" il magistero precedente in direzioni più consone alla mentalità moderna e alla vita concreta degli uomini del nostro tempo.

Al limite, un processo di questo tipo, se condotto ai suoi esiti estremi, potrebbe portare a ciò che qualche anno fa – partendo dalla constatazione che il magistero cattolico ha talora accolto alla fine (come nel caso della scienza moderna, della libertà religiosa e della democrazia) ciò che aveva rifiutato all'inizio – ho presentato nei termini di un possibile "cambiamento di paradigma" da parte della Chiesa in direzione di una (più) coerente valorizzazione della libertà responsabile della persona. Significative, a questo proposito, le tesi di Mancuso, il quale scrive:

mi chiedo se tra cento anni i principi bioetici affermati oggi con granitica sicurezza dalla Chiesa saranno i medesimi o se invece finiranno per essere rivisti come lo sono stati i principi della morale sociale. Siamo sicuri che la fecondazione assistita […] l'uso del preservativo […] il voler morire in modo naturale senza prolungate dipendenze da macchinari, compresi sondini nasogastrici, sia contrario al volere di Dio? […] Mi chiedo se tra cento anni (e spero prima) i papi difenderanno il principio di autodeterminazione del singolo sulla propria vita biologica, così come oggi difendono il principio di autodeterminazione del singolo sulla propria vita di fede29.

Altrettanto significative, da parte laica, le osservazioni di Mori:

Ora ai cattolici romani pare impossibile poter accettare l'autonomia e l'autodeterminazione in bioetica, valori che sono condannati essendo il frutto avvelenato di un individualismo possessivo e selvaggio. Ma anche in passato condannavano la democrazia, l'autonomia in politica, la libertà di pensiero e via dicendo: verranno dapprima a più miti consigli e poi, forse, anche a riconoscere che l'autodeterminazione sulla vita è centrale per la realizzazione personale. Può darsi anche che in qualche modo riconosceranno di aver sbagliato […] venendo a concludere che da sempre l'autonomia e l'autodeterminazione sono stati "valori cristiani"30.

In controtendenza rispetto a orientamenti di questo tipo e al tentativo di lasciarsi alle spalle il "massimalismo etico" delle encicliche di Giovanni Paolo II troviamo invece quella parte del mondo cattolico che, partendo dal principio secondo cui "la dottrina etica della Chiesa non può cambiare", risulta contraria ai tentativi, più o meno espliciti, di "liquidazione" delle tesi della Evangelium vitae e della Veritatis splendor. Su posizioni in linea con la tradizione dottrinale del magistero troviamo anche quell'importante documento ufficiale – sinora non debitamente considerato dagli studiosi di bioetica – che è la lettera Samaritanus bonus.

Decisa nella sessione plenaria della Congregazione per la Dottrina della Fede il 29 gennaio 2020, la Lettera è stata approvata da papa Francesco il 25 giugno ed è stata emessa dalla sede della Congregazione il 14 luglio 2020. Proponendosi di «escludere ancora una volta ogni ambiguità circa l'insegnamento del Magistero sull'eutanasia e il suicidio assistito, anche in quei contesti dove le leggi nazionali hanno legittimato tali pratiche», il documento contiene, a proposito delle problematiche di fine vita, una serie di affermazioni chiare e inequivocabili:

la Chiesa ritiene di dover ribadire come insegnamento definitivo che l'eutanasia è un crimine contro la vita umana perché, con tale atto, l'uomo sceglie di causare direttamente la morte di un altro essere umano innocente (V.1).

L'eutanasia, pertanto, è un atto intrinsecamente malvagio, in qualsiasi occasione o circostanza.

Si tratta, dunque, di una scelta sempre sbagliata (V.1).

l'eutanasia e il suicidio assistito sono una sconfitta di chi li teorizza, di chi li decide e di chi li pratica (V.1)

Dopo aver precisato che tale dottrina è fondata non solo sulla Parola scritta di Dio ma anche sulla legge naturale e dopo aver ribadito che l'eutanasia è «un atto omicida che nessun fine può legittimare» e che, in quanto tale, non tollera alcuna forma di complicità o collaborazione la lettera aggiunge che:

Coloro che approvano leggi sull'eutanasia e il suicidio assistito si rendono, pertanto, complici del grave peccato che altri eseguiranno (v.1).

Sono gravemente ingiuste, pertanto, le leggi che legalizzano l'eutanasia o quelle che giustificano il suicidio e l'aiuto allo stesso (v.1).

È necessario che gli Stati riconoscano l'obiezione di coscienza in campo medico e sanitario, nel rispetto dei principi della legge morale naturale e specialmente laddove il servizio alla vita interpella quotidianamente la coscienza umana31. Dove questa non fosse riconosciuta, si può arrivare alla situazione di dover disobbedire alla legge (v.9)

Come si vede, si tratta di affermazioni "forti", suffragate da una ricca serie di citazioni tratte da altri documenti. affermazioni che non rappresentano tesi isolate – quasi fossero alberi non inseriti in una foresta – ma che si collocano in una costellazione concettuale che, a guardare le cose in profondità, presuppone, a monte, una sequenza di assunti teorici generali. Assunti che coincidono in buona parte con quelle "idee-madri del paradigma cattolico ufficiale" che, nei miei scritti, ho variamente cercato di mettere in luce. Ad esempio:

  1. L'idea della sacralità e indisponibilità della vita, ossia la tesi secondo cui la vita umana, in virtù del suo carattere creaturale e teomorfo32, risulta in possesso di una peculiare dignità o preziosità intrinseca che la rende inviolabile, indisponibile e "sempre un bene".
  2. L'idea della unitotalità della persona, ossia la tesi secondo cui l'individuo, nella sua concretezza esistenziale, costituisce un'unità psicosomatica inscindibile (corpore et anima unus). Tesi che comporta il rifiuto della distinzione fra vita "biologica" e vita "biografica".
  3. L'idea di un piano della creazione e di un "progetto" di Dio sulla vita umana. Progetto scolpito in una legge morale naturale destinata a fungere, anche in sede bioetica, da criterio di comprensione e norma di comportamento.
  4. L'idea del primato della verità sulla libertà, ossia la tesi secondo cui esiste una verità ontologica ed etica che l'uomo non crea e alla quale è tenuto a conformarsi. al punto che «non c'è libertà al di fuori o contro la verità»33 e «solamente la libertà che si sottomette (subicit) alla verità conduce la persona umana al suo vero bene (ad verum bonum34.
  5. L'idea secondo cui la libertà va sempre esercitata a favore della vita e non, come accade per esempio in pratiche come l'aborto e l'eutanasia, contro la vita.
  6. L'idea dell'esistenza di beni o valori irrinunciabili che essendo intrinsecamente connessi alla "natura della persona umana", alla "dignità della persona" e al "bene comune" vanno categoricamente salvaguardati.
  7. La connessa idea della sussistenza di talune norme etiche assolute, che si concretizzano in divieti morali validi sempre e ovunque.
  8. L'idea secondo cui la legge civile, per non essere "ingiusta"35, non deve contraddire i precetti della legge morale naturale e quindi risultare in opposizione con la dignità della persona e i suoi beni e valori di fondo.

Tutte queste idee-madri ed altre che si potrebbero aggiungere (o mettere in evidenza tramite differenti costrutti) risultano constatabilmente presenti, in forma più o meno esplicita, anche in Samaritanus bonus. A cominciare dalla idea-guida della sacralità, inviolabilità e indisponibilità della vita (e quindi dal principio secondo cui «non esiste un diritto a disporre arbitrariamente della propria vita»)36. Idea strettamente connessa a quella di un progetto trascendente sulla vita a cui l'uomo, in quanto creatura, è tenuto a modellarsi, non solo per fede, ma anche in ossequio alla ragione e alla legge morale naturale.

La differenza globale fra la costellazione di idee-madri del paradigma cattolico e la costellazione di idee-madri del paradigma laico37, come attesta anche questo documento, è quindi netta e radicale38. Altro che dicotomia "giornalistica" priva di spessore "scientifico e filosofico"! Altro che dottrina, quella cattolica, ormai priva di convincimenti "definitivi" e di principi etici assoluti! Basti pensare che nel Samaritanus la dottrina magisteriale sull'eutanasia viene presentata, come in altri basilari documenti, alla stregua di un «insegnamento definitivo (as definitive teaching)» e la dolce morte viene classificata come «un atto intrinsecamente malvagio (an intrinsically evil act) in qualsiasi occasione o circostanza (in every situation or circumstance)».

Piaccia o meno, questo documento della Congregazione per la Dottrina della Fede non può certo essere recepito, come è avvenuto in certi contesti mediatici, alla stregua di un fulmine a ciel sereno. Tanto meno, può essere interpretato alla stregua di una sorta di rigurgito dottrinale del cattolicesimo conservatore. E ciò per il fatto – che sembra essere sfuggito a certi critici della prima ora – che si tratta di un documento riepilogativo delle idee dei vari documenti emessi dal magistero a proposito delle questioni bioetiche (non solo riguardo all'eutanasia, ma anche alla fecondazione assistita, all'idratazione e nutrizione artificiali, alla diagnosi prenatale ecc.). Al punto, si badi bene, che un rigetto delle tesi del Samaritanus bonus implicherebbe, a rigore, un contestuale e sistemico rigetto delle tesi biomorali contenute negli altri documenti del magistero a proposito degli argomenti bioetici.

A rigore, esso non può neppure essere tacciato di essere in contrasto con le dichiarazioni conciliari. Infatti non si deve dimenticare che uno dei documenti più importanti del Concilio Vaticano II, la Gaudium et Spes, pone l'aborto, l'eutanasia e il suicidio volontario nella lista delle azioni «vergognose» e inequivocabilmente vietate che «guastano la civiltà umana» e «ledono grandemente l'onore del Creatore (Creatoris honori maxime contradicunt39. La lettera della Congregazione non fa che collocarsi in questa tradizionale linea di pensiero, con i vari assunti teorici che essa comporta.

Anche questo documento di sintesi dei vari pronunciamenti del magistero circa le questioni biomorali – il quale risulta in piena sintonia con quell'altro recente e significativo documento di sintesi della CEI che è Alla sera della vita40 – certifica come, a dispetto della ventata riformatrice degli ultimi anni e dei passi in avanti compiuti in taluni ambiti, nel cattolicesimo ufficiale, per quanto concerne i temi bioetici per ora non si possa parlare di un cambiamento di paradigma. Anzi, a livello di bilancio critico, possiamo dire che, per quanto concerne le problematiche biomorali più scottanti, la dicotomia fra il paradigma cattolico ufficiale e quello laico secolare non solo è storicamente esistita, ma in linea generale perdura tuttora.

Certo, ieri come oggi, ritengo che cattolici e laici non possano fare a meno di dialogare e di porsi il problema di un possibile allentamento degli storici conflitti. Ma questo non mi impedisce di credere, ieri come oggi, che senza un mutamento di dottrina bioetica da parte della Chiesa (ammesso che ciò sia possibile) il conflitto teorico e pratico fra il paradigma cattolico e quello laico – dovuto al carattere antitetico e incompatibile delle rispettive idee di fondo – sia destinato, in forme più o meno marcate e a dispetto di ogni desiderio di "tregua", a permanere nel tempo.

Note

1 Il fatto che tale bioetica non sia l'unica bioetica esistente in ambito cattolico e che accanto a essa – o in certi casi in alternativa a essa – esistano altre proposte bioetiche non annulla la realtà e l'importanza di quella "catholic bioethics" per antonomasia che è la bioetica del magistero e degli autori in linea con essa.

2 Ch. Taylor, L'età secolare, Feltrinelli, Milano 2009.

3 Il fatto che taluni bioeticisti cattolici, a livello metodologico, ragionino (o si sforzino di ragionare) anch'essi etsi Deus et creaturalitas non darentur, non toglie che dal punto di vista del cattolicesimo ufficiale non sia possibile discorrere della persona a prescindere dalla sua condizione creaturale e quindi dal suo rapporto con Dio. E ciò non solo per motivi di fede ma anche di ragione. Perciò, se la bioetica laica è una bioetica senza Dio, la bioetica cattolica dei documenti è – a rigore – una bioetica con Dio, ossia una bioetica in cui Dio, sia dal punto di vista ontologico che etico, funge da dichiarato «fondamento ultimo» dell'uomo e della sua dignità.

4 Cfr. il prospetto sotto riportato ai punti 1-8.

5 L. Savarino, Note per un più adeguato rilievo del contributo protestante alla storia della bioetica in Italia, in «Bioetica. rivista interdisciplinare», XXVIII (2020), n. 1, pp.121-125:121.

6 Per la mia specifica maniera "pluralistica" e "post-kuhniana" di rapportarsi alla nozione di paradigma si veda soprattutto lo scritto Bioetica cattolica e bioetica laica: tra passato e presente, che funge da saggio introduttivo a L. Lo Sapio, Bioetica cattolica e bioetica laica nell'era di papa Francesco. Che cosa è cambiato?, Utet, Milano 2017.

7 Cfr., su questo punto, la risposta di S. Serafini a Savarino in «Bioetica. rivista interdisciplinare», XXVIII (2020), n. 1, pp. 165-171.

8 E. Soetje, La responsabilità della vita. Introduzione, Paravia, Torino 1997.

9 M. Mori, Dall'ideale della convergenza alla realtà della divergenza, in G. Fornero - M. Mori, Laici e cattolici in bioetica: storia e teoria di un confronto, Le Lettere, Firenze 2012, pp. 3-77.

10 E. Sgreccia, Bioetica cattolica e bioetica laica: a proposito dei "paradigmi", in «Bioetica. rivista interdisciplinare», XIX (2011), n. 1, pp.27-33, poi in G. Fornero - M. Mori, Laici e cattolici in bioetica: storia e teoria di un confronto, cit., pp. 287-292, da cui citiamo.

11 Ivi, p. 288.

12 Ibidem.

13 Ivi, p. 289.

14 G. Zeppegno, Bioetica e postumano. Percorso storico-prospettico, If Press, Roma 2017, p. 165.

15 R. Mordacci, Della sterilità dei dogmatismi, ovvero Bioetica cattolica e bioetica laica, in «Notizie di Politeia», XXIII (2007), n. 88, pp. 241-247: 241; corsivi nostri.

16 M. Faggioni, Bioetica laica e bioetica cattolica. Paradigmi a confronto, testo dattiloscritto di una relazione tenuta in Colombia il 6 settembre 2013.

17 S. Serafini, La bioetica in Italia. Da una storia di battaglie etico-politiche a spiragli di dialogo tra pensiero cattolico e pensiero laico, Studium, Roma 2019, p. 85. Sul libro di questo studioso cfr., fra gli altri, il menzionato dibattito apparso su «Bioetica. rivista interdisciplinare» e G. Giustozzi, Nota su un libro coraggioso: "La bioetica in Italia" di Sebastiano Serafini, in «Firmana», 28 (2019), n. 2, pp. 43-60.

18 S. Serafini, op. cit., p. 19.

19 Ciò vale soprattutto per i cattolici vicini alla dottrina magisteriale.

20 V. Possenti, È l'embrione il nodo vero, «Europa», 29 settembre 2007.

21 F. D'Agostino, intervento al Seminario organizzato dalla Fondazione Internazionale "Nova Spes", Fra diritto e morale. Quale laicità per la bioetica?, 14 dicembre 2007.

22 Ibidem.

23 Immagine faceta che uso talora nei miei lavori in riferimento al noto personaggio manzoniano, il quale, pur sapendo dell'esistenza della peste, con i suoi arzigogolati filosofemi, cercava di dimostrare l'inesistenza della peste.

24 S. Serafini, La bioetica in Italia, cit., p. 446.

25 Si veda in proposito quanto afferma P. Sgreccia, La bioetica cattolica: scenari nuovi e copioni incerti, in «Bioetica. rivista interdisciplinare», XXVIII (2020), n. 1, pp. 114-120:117.

26 L. Lo Sapio, Bioetica cattolica e bioetica laica nell'era di papa Francesco. Che cosa è cambiato?, cit., p. 134.

27 G. Fornero, Bioetica cattolica e bioetica laica: tra passato e presente, in L. Lo Sapio, Bioetica cattolica e bioetica laica nell'era di papa Francesco. Che cosa è cambiato?, cit., p. 39.

28 A. Autiero - S. Goertz, A proposito di dubbi, errori e distinzioni. Una Postfazione, in S.Goertz - C. Witting (a cura di), Amoris laetitia. Un punto di svolta per la teologia morale?, San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 2017, pp. 257-269.

29 V. Mancuso, La Chiesa e la bioetica. Non c'è fede senza libertà, in «la Repubblica», 9 marzo 2009.

30 M. Mori, Il caso Eluana Englaro, Pendragon, Bologna 2008, p. 13.

31 In nota il testo rimanda a Francesco, Discorso al Congresso dell'associazione Medici Cattolici Italiani nel 70 anniversario di fondazione (15 novembre 2014).

32 Carattere "teomorfo" che gli deriva dal fatto di essere creato a "immagine e somiglianza" di Dio. Per la sua natura "creaturale" la persona presuppone il Creatore e quindi, come hanno ribadito a più riprese Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco, può essere compresa autenticamente e nella sua globalità solo in relazione a Dio, che ne è la Causa e il Fine, nonché il fondamento della sua dignità costitutiva.

33 Veritatis splendor, 96.

34 Ivi, 84. Cfr. il Discorso di Giovanni Paolo II ai partecipanti al Congresso Internazionale di teologia morale, 10 aprile 1986.

35 Sulla problematica delle leggi ingiuste cfr. l'approfondita ricerca di T. Scandroglio, Legge ingiusta e male minore, Phronesis Editore, Palermo 2020.

36 Principio ribadito in Pontificio Consiglio per gli operatori sanitari, Nuova carta degli Operatori sanitari, 169 (a cui il Samaritanus rivia).

37 Per un prospetto delle idee-guida del paradigma laico rimando a G. Fornero, Bioetica cattolica e bioetica laica: trapassato e presente, in L. Lo Sapio, Bioetica cattolica e bioetica laica nell'era di papa Francesco. Che cosa è cambiato?, cit., pp. 25-28.

38 Differenza netta e radicale la quale fa sì che Ines Crispini, rifacendosi a Mori, parli condivisibilmente di «sostanziale inconciliabilità di questi due modelli etici»: I. Crispini, Bioetica laica, bioetica cattolica. Una armonia possibile?, in «Bioetica. rivista interdisciplinare», XXVIII (2020), n. 1, pp. 78-87: 85.

39 Gaudium et spes, 27.

40 Conferenza Episcopale Italiana. Ufficio nazionale per la pastorale della salute, Alla sera della vita. Riflessioni sulla fase terminale della vita terrena, Editoriali Romani, Roma 2020.

(Saggio apparso originariamente in: AA. VV., La filosofia e l'impegno civile di Maurizio Mori. Quarant'anni di bioetica in Italia, a cura di P. Donatelli - E. D'Orazio, Le Lettere, Firenze 2021, pp. 185-196)